Quali sono i costi fissi di un ristoratore?

2022-08-20 13:31:03 By : Ms. Manager Jane

Quali sono le spese, quando il locale è chiuso, di un’attività di ristorazione? E cosa fa lievitare le uscite quando il locale è aperto?

Come si decide quanto costa il menù di un ristorante? Le variabili sono tante: dalla posizione al prestigio acquisito, dalla materia prima alla ricercatezza dei piatti, dalla qualità di cibo e vini a quella del servizio. La stessa cotoletta alla milanese in due ristoranti della stessa categoria si paga di più accanto a piazza Duomo rispetto alla periferia. Se è la cucina di uno chef stellato, avrà un prezzo più alto rispetto a quella di un cuoco sconosciuto (e poi, magari, quest’ultima è più buona). Poi, ci sono anche le variabili legate ai costi che il titolare del locale deve pagare ogni mese. Sapere quali sono i costi fissi di un ristoratore, così come i costi variabili, aiuta a capire perché la cotoletta costa di più in questo posto anziché in quell’altro e quanto può essere il guadagno che se ne ricava.

Non per voler fare – è il caso di dirlo – «i conti senza l’oste», ma vediamo in generale quali sono costi fissi e variabili di un ristoratore.

Che lavori tanto o poco, che abbia il locale pieno tutti i giorni o che stia alla porta in attesa che qualche passante si voglia fermare ad assaggiare le sue specialità, ci sono dei costi fissi per un ristoratore da versare con una certa cadenza.

Per costi fissi, quindi, si intendono quelli che non cambiano in base al volume di lavoro. Tra questi, una buona parte è rappresentata dall’affitto del locale, più o meno alto a seconda della posizione in cui si trova il ristorante, la trattoria o la pizzeria. Più si è in centro, più si colloca in un punto dove c’è un massiccio afflusso di gente, e più alto sarà il canone da versare ogni mese.

Giusto per fare qualche esempio, in base ai prezzi di mercato che si trovano attualmente sul web, un ristorante di 200 metri quadri a Milano, in zona Naviglio, con tre locali, due bagni e circa 150 coperti all’interno e 70 all’esterno viene affittato a 25.000 euro più 100 euro di spese condominiali. Sempre a Milano, in zona stazione Centrale, accanto a due alberghi di lusso, con 200 metri quadri, quattro locali, due bagni, 80 posti all’interno e 50 all’esterno costa 6.200 euro più 800 euro di spese condominiali. Mentre a Roma, in zona Trastevere, si può trovare un ristorante di 400 metri quadri, con tre bagni, 130 posti a sedere interni e 50 posti a sedere all’esterno per 12.000 euro.

Vengono considerati costi fissi, ovviamente, anche le tasse, con la relativa parte amministrativa normalmente affidata ad un commercialista, l’assicurazione sull’immobile e la svalutazione delle attrezzature che, ovviamente, una volta usate ed usurate perdono di valore.

C’è, poi, il capitolo relativo al personale. Senza considerare i cosiddetti «stagionali», cioè i camerieri e il personale da cucina che lavorano nei mesi di maggiore affluenza con contratti di collaborazione o assunzione a tempo determinato, ci sono gli addetti presenti tutto l’anno (i camerieri di fiducia, il cuoco e l’aiuto cuoco, ecc.). Dipendenti ai quali vanno versati stipendi e contributi previdenziali ed assicurativi. A seconda della categoria del ristorante, si aggiungeranno anche responsabili di sala, sommelier, manager, ecc.

Senza dimenticare che una delle qualità principali di un buon ristorante, se non addirittura la più importante, è la pulizia. Occorre, quindi, includere tra i costi fissi del ristoratore anche il personale addetto a lavare pavimenti, fare la polvere, tenere in ordine i locali.

Non deve sfuggire nemmeno il costo del permesso Siae per i ristoratori che vogliono accompagnare pranzi e cene con musica di sottofondo e del canone Rai per i locali che dispongono di apparecchi televisivi.

Ci sono, poi, i costi strettamente legati al volume del lavoro svolto, cioè alla quantità dei clienti che, giorno dopo giorno, frequentano il locale. Sono quelli che compongono la parte dei costi variabili di un ristoratore.

In alcuni casi, in realtà, si potrebbe parlare di un misto tra costo fisso e variabile. Ad esempio, un ristorante deve avere tutti i giorni acqua, vino, bibite, pane più una base delle pietanze che propone alla clientela (verdure, pasta, carne, pesce, condimenti, ecc.). Da una parte, si considerano costi fissi perché non possono mai mancare nelle celle o nelle dispense, quindi un minimo di «stock» deve essere previsto. Dall’altra, però, la bottiglia di vino che non viene aperta oggi la si può consumare domani o la settimana successiva senza bisogno di rimpinguare quotidianamente la cantina. Lo stesso vale per gli altri prodotti che non scadono da oggi a domani. Da questo punto di vista, quindi, si parla di costi variabili, poiché cambiano a seconda del consumo giornaliero.

A metà strada tra il costo fisso e variabile di un ristoratore va messo anche quello relativo alle bollette: luce, gas, acqua e telefono richiedono una spesa minima anche se il ristorante è chiuso. Dopodiché, più si lavora e più si paga, ecco dove si trova la variabilità.

Cambia anche la quantità di tovaglioli e tovagliette di carta, così come il costo della lavanderia se si opta per la stoffa (in alcuni casi, occorre calcolare anche i coprisedie). Si potrebbero aggiungere i prodotti per le pulizie e per il lavaggio delle stoviglie (detersivi e saponi, spugne, guanti, ecc.), anche questi variabili in base alla quantità di coperti, ed i costi di manutenzione del locale e delle attrezzature, oltre al loro ricambio quando, ad un certo punto, l’usura lo richiede.

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