Letture, Vasily Grossman e la Madonna Sistina di Raffaello

2022-08-20 13:39:28 By : Ms. Sally chen

PADOVA , 24 aprile, 2020 / 6:00 PM (ACI Stampa).- 

Anna Grigor'evna,  seconda moglie di Fedor Dostoevskij,  racconta nelle sue memorie che durante un viaggio in Europa con il marito nel 1867 fecero una sosta, fortemente voluta,  a Dresda. Lo scrittore voleva vedere di persona la bellezza dei suoi famosi giardini e, soprattutto, voleva ammirare la magnificenza della sua galleria d'arte. In particolare, si sentiva chiamato ad un appuntamento:dei quello con la cosiddetta Madonna Sistina,  opera di Raffaello.

Ecco come Anna descrive l'ansia e il desiderio di arrivare a questo appuntamento: "Discendemmo in uno dei migliori alberghi, cambiammo d'abito e andammo a visitare il museo, che mio marito volle farmi vedere prima di ogni altra cosa. (...) Mio marito percorse tutte le sale senza fermarsi e mi condusse direttamente dinanzi alla Madonna Sistina. Egli considerava questo quadro come il più grande capolavoro creato dal genio umano. In seguito lo vidi fermo per ore intere davanti a quella visione di bellezza impareggiabile, che egli ammirava con tenerezza e trasporto".

Una sorta di terapia personale, questa contemplazione,  che lo scrittore russo ha trasfuso in molte sue opere. Il quadro di Raffaello vi è citato più e più volte, con interpretazioni diverse.  Del resto, egli sosteneva che la bellezza sia la via per esistere pienamente e per re-sistere. A parte l'abusatissima citazione "la bellezza salverà il mondo", Dostoevskij era profondamente convinto che Gesù fosse colui che ha portato la vera Bellezza nel mondo,  e che "non possiamo vivere senza pane, ma neanche esistere senza bellezza è impossibile".

Quest'anno ricorrono i cinquecento anni dalla morte di Raffaello e la pandemia che sta devastando le nostre vite  ha infierire anche su questo avvenimento. Mostre e celebrazioni sospese, ma tanti docu-film,  articoli, visite virtuali di musei e rassegne. E guardare alla Madonna Sistina, con gli occhi di scrittori, può essere un modo per rendere omaggio al maestro rinascimentale. Il dipinto, che si dischiude come una quinta teatrale, offre la scena a una giovanissima Vergine che tiene in braccio Gesù bambino,  ai due lati due santi e la figura di Papa Sisto II, morto durante le persecuzioni  di Diocleziano. Due paffuti angioletti completano la composizione,  dipinta su commissione di papa Giulio II nel 1512 e destinata alla chiesa benedettina dedicata a San Sisto a Piacenza. Finita poi a Dresda, comprata da Augusto III di Sassonia.

Il quadro ha acquistato una popolarità senza limiti. Diventando una sorta di icona pop: i due cherubini sono una delle immagini più riprodotte su magliette, tazze, borse, tovaglioli di carta, agende... Ma il dipinto ha catalizzato in modo duraturo e fecondo l'attenzione, si potrebbe dire l'amore, di scrittori e pensatori, ispirando pagine straordinarie. Citavamo Dostoevskij.  I russi, soprattutto,  hanno provato un trasporto intenso verso l'immagine di Maria dallo sguardo tenero e velato (di malinconia, di tristezza nella premonizione deli dolori suoi e del Figlio, dei dolori umani) e del suo Bambino, sospesi nell'infinito, protesi verso il mondo, verso le tragedie e le gioie dell'umanità "peregrina sulla terra".  Dostoevskij,  dunque,  Puskin,  Bulgakov. E Vasilij Grossman.

Qualche anno fa in Italia e' stato ripubblicato un breve scritto di Grossman dedicato alla "Madonna di Treblinka". Che è proprio quella dipinta da Raffaello.  Perché definirla così?  Il dipinto viene trafugato da Dresda, alla fine della seconda guerra mondiale, dall'Armata Russa e portato in Russia dove rimane per un decennio nel Museo Puskin a Mosca. Dopo la morte d Stalin e la creazione del Patto di Varsavia, nel 1955 l'opera  viene esposta in una mostra memorabile nel museo moscovita, dove oltre un milione e mezzo di persone  vanno a vederla, prima che venga restituita a Dresda, dove tutt'ora si trova. Grossman rievoca il giorno in cui si mette in fila per andare anche lui ad ammirare il capolavoro tanto celebrato dagli amati scrittori russi. Ma lui ci vede qualcosa d'altro. Qualcosa di improbabile.  Quella bellezza senza tempo gli evoca davanti allo sguardo smarrito visioni infernali,  quelle che ha dovuto guardare, con il cuore colmo di orrore, nel campo di sterminio di Treblinka. Contempla  la Madonna e pensa: "La riconosco dall'espressione che ha sul viso, negli occhi. Guardo suo figlio e riconosco anche lui dall'espressione adulta, strana. Così dovevano essere madri e figli quando scorgevano le pareti bianche delle camere a gas di Treblinka sullo sfondo verde scuro dei pini, così era la sua anima". L'autore riconosce che Maria, con il Figlio, ha vissuto "con  noi, lei ha vissuto la nostra vita", ha attraversato gli inferni della storia, quelli che fanno dire a tutti "non c'è mai stato un tempo duro come il nostro, eppure non abbiamo lasciato che morisse ciò che di umano c'è nell'uomo". Parole che attraversano gli anni e ci parlano oggi, in un momento in cui tutto ci appare "più duro che mai", ma che non spegne l'umano - e il divino, potremmo aggiungere - che è in noi.

Vasily Grossman,  La Madonna a Treblinka,  Medusa Edizioni,  pp. 48, euro 9

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