Le bioplastiche sono più sostenibili? Sì, ma la loro degradazione in natura è più lenta di quel che pensi | Ohga!

2022-08-20 13:28:23 By : Ms. Sophia Bian

Anche i materiali più sostenibili hanno bisogno di essere differenziati e trattati correttamente per avere un reale impatto positivo sulla nostra impronta ecologica. Secondo un nuovo studio, ad esempio, le bioplastiche, se non conferite in maniera opportuna nel compost, rischiano in natura di degradarsi in tempi molto lunghi, paragonabili a quelli impiegati da materiali meno sostenibili.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Polymers, si basa su un esperimento portato avanti dagli studiosi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e dal Distretto ligure per le tecnologie marine. I ricercatori hanno sottoposto alcuni materiali composti da biopolimeri a processi di degradazione in mare e sulla sabbia, paragonandoli alla plastica vergine utilizzata per realizzare oggetti di uso comune.

In particolare, sono stati messi a confronto i due polimeri di plastica più diffusi HDPE e PP – il polietilene ad alta densità e il polipropilene – con i due polimeri di plastica biodegradabile PLA e PBAT. I campioni di plastica sono stati inseriti in speciali “gabbie”, per evitarne la dispersione. Sia in mare che nella sabbia, dopo sei mesi nessuno dei quattro polimeri analizzati ha mostrato una degradazione significativa. Per avere più dati, però, bisognerà attendere la fine degli esperimenti nel 2023.

“Data l’altissima diffusione di questi materiali, è importante essere consapevoli dei rischi ambientali che l’utilizzo della bioplastica pone, se dispersa o non opportunamente conferita per lo smaltimento: è necessario informare correttamente”, ha spiegato la ricercatrice Silvia Merlino del Cnr-Ismar di Lerici (La Spezia), coordinatrice del progetto.

Dopo l’abolizione in Italia della plastica monouso, a seguito dell’entrata in vigore lo scorso 14 gennaio della direttiva europea Single use plastic, i prodotti realizzati in bioplastiche sono sempre più diffusi. Per questo è importante stare attenti a ciò che acquistiamo, e verificare quali sono i materiali utilizzati e le indicazioni per un corretto smaltimento, per non rischiare di vanificare il nostro impegno verso uno stile di vita più sostenibile.

In seguito alla pubblicazione dello studio di cui ti ho parlato, l'Associazione Italiana delle Bioplastiche e dei Materiali Biodegradabili e Compostabili, nota come Assobioplastiche, ha diffuso un comunicato stampa nel quale segnala tre punti critici del lavoro svolto dai ricercatori del Cnr, che metterebbero in discussione le conclusioni raggiunte.

Ad esempio, secondo l'associazione quelli pubblicati sarebbero soltanto i risultati preliminari dello studio, poiché diffusi "sulla base del primo campionamento, effettuato dopo soli sei mesi in un esperimento che dura tre anni".

Assobioplastiche sottolinea inoltre che i risultati ottenuti non chiarirebbero esattamente quali siano i tempi di degradazione delle bioplastiche rispetto alle plastiche tradizionali, limitandosi a definirli "lunghi". "Più specificamente – si legge nel comunicato – nello schema sperimentale della prova manca un elemento fondamentale per contestualizzare i risultati e dare un senso al termine «significativo» riferito a degradazione, «lungo» riferito a tempo e via dicendo: si tratta del pellet di materiale lignocellulosico, ossia un composito polimerico naturale che è necessario, come il metronomo con la musica, per dare significato alla durata, per calibrare l'esperimento e capire cosa significa «veloce» e «lento» in natura, al di là delle aspettative soggettive degli sperimentatori".

Infine, pur menzionando i possibili rischi ambientali delle bioplastiche non smaltite correttamente, lo studio pubblicato su Polymers mancherebbe di approfondire il tema della valutazione del rischio, un aspetto "importantissimo e che Assobioplastiche ritiene fondamentale nel momento in cui si cerca di porre in essere azioni di mitigazione dei danni legati al rilascio involontario in ambiente di articoli monouso ed imballaggi".