«Cari giornalisti, parlate di crisi climatica e delle sue cause. Ne va del futuro di noi tutti»

2022-08-20 13:28:39 By : Ms. Crystal CHEN

Riassunto degli studi commissionati da Greenpeace Italia e condotti dall’Osservatorio di Pavia, istituto di ricerca specializzato nell’analisi della comunicazione. Lo studio sui quotidiani ha esaminato gli articoli pubblicati fra gennaio e aprile 2022 dai cinque quotidiani più diffusi: Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa. Nello specifico, su 528 articoli esaminati, le compagnie petrolifere sono indicate tra i responsabili della crisi climatica appena due volte. I report sulle televisioni, analogamente, hanno analizzato tutte le edizioni di prima serata dei telegiornali andati in onda su Rai, Mediaset e La7, e un campione di sei trasmissioni televisive di approfondimento: Unomattina e Cartabianca per la Rai, Mattino 5 news e Quarta Repubblica per Mediaset, L’Aria che tira e Otto e mezzo per La7. Come si può vedere, le due testate leader del Gruppo Gedi (la Repubblica e La Stampa) sono il fanalino di coda: un po’ di greenwashing anche in casa propria evidentemente non guasta

«Ondate di calore, siccità prolungate e incendi sono solo alcuni dei recenti gravi segnali dell’intensificarsi degli impatti dei cambiamenti climatici nei nostri territori. Tuttavia, le notizie diffuse dai media italiani mancano spesso di informare il pubblico sulle cause di questi eventi e le relative soluzioni». 24 scienziati del clima scrivono ora direttamente ai giornalisti, per richiamarli alla responsabilità sociale del proprio lavoro: «Tacere le vere cause dei sempre più frequenti e intensi eventi estremi che interessano il nostro pianeta e non spiegare quali sono le soluzioni per una risposta efficace rischia di alimentare l’inazione, la rassegnazione o la negazione della realtà, traducendosi in un aumento dei rischi per il presente e il futuro delle nostre comunità»

ROMA, 12 AGOSTO 2022 (Red) — Il 3 agosto un gruppo di scienziati della Sisc, Società italiana per le scienze del clima, ha scritto una lettera aperta alle forze politiche, per chiedere impegni espliciti sui temi della crisi climatica, in vista delle elezioni politiche del 25 settembre. Sulla lettera aperta si è fiondata subito “la Repubblica” trasformandola in petizione di “Green&Blue”, content hub del Gruppo Gedi. Ha dato spazio alla lettera degli scienziati, promuovendo però il brand Gedi che strombazza da mesi iniziative e brand riconducibili al cosiddetto “greenwashing”: una pennellata di verde sulle vecchie attività inquinanti, idrocarburi in primis. Ne ha scritto qui il fisico matematico Massimo Scalia, co-firmatario dell’appello. Grandi incoerenze e piccole magagne. Come si vede qui accanto, nella tabella sui giornali quotidiani (non solo Gedi): «su 528 articoli esaminati, le compagnie petrolifere sono indicate tra i responsabili della crisi climatica appena due volte» (citazione testuale dell’Osservatorio di Pavia).

Questa che segue è, invece, la lettera aperta di altri 24 scienziati (alcuni presenti anche nella lettera precedente) indirizzata stavolta direttamente ai giornalisti. La pubblichiamo quasi integralmente: al testo completo abbiamo espunto solo i 127 caratteri che fanno riferimento al content hub del Gruppo Gedi, in un gioco di scatole cinesi involontario ma, per noi, inopportuno. 

Lettera aperta di DAVIDE ASCOLI, ROBERTO BUIZZA, CARLO CACCIAMANI e altri 21 *

È NOSTRA RESPONSABILITÀ, come cittadini italiani e membri della comunità scientifica, avvertire nel modo più chiaro ed efficace possibile di ogni seria minaccia che riguarda le persone e il nostro paese. È dovere dei giornalisti difendere il diritto all’informazione e diffondere notizie scientifiche verificate.

Ondate di calore, siccità prolungate e incendi sono solo alcuni dei recenti gravi segnali dell’intensificarsi degli impatti dei cambiamenti climatici nei nostri territori. Tuttavia, le notizie diffuse dai media italiani mancano spesso di informare il pubblico sulle cause di questi eventi e le relative soluzioni. Questo nonostante il consenso della comunità scientifica sul legame tra l’aumento in frequenza e intensità di questi fenomeni e i cambiamenti climatici.

Tacere le vere cause dei sempre più frequenti e intensi eventi estremi che interessano il nostro pianeta e non spiegare quali sono le soluzioni per una risposta efficace rischia di alimentare l’inazione, la rassegnazione o la negazione della realtà, traducendosi in un aumento dei rischi per il presente e il futuro delle nostre comunità.

Le soluzioni esistono già e necessitano di essere messe in campo con urgenza. Per agire servono volontà politica e dialogo, a tutti i livelli della società, riconoscendo che le cause del cambiamento climatico sono le emissioni di gas serra prodotte dall’utilizzo di combustibili fossili.

Il prossimo 25 settembre gli italiani voteranno per eleggere i propri rappresentanti in parlamento. È importante, soprattutto in questo momento, che i cittadini partecipino al voto con la consapevolezza che il cambiamento climatico è una crisi che riguarda tutti i settori della società e che ha bisogno di essere affrontata dalla prossima legislatura con politiche proporzionate alla gravità del problema.

[…] Per queste ragioni, invitiamo tutti i media italiani a garantire una copertura dei temi legati alla crisi climatica e alla transizione ecologica avvalendosi di notizie scientifiche verificate, fonti qualificate ed evidenze solide.

L’abitudine di presentare le questioni attinenti al clima dando spazio a voci “negazioniste” scientificamente errate è dannosa per il dibattito pubblico e offusca l’esistenza di un consenso scientifico sulle cause antropiche dell’attuale cambiamento climatico. Nel terzo volume del suo ultimo rapporto, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) ha ribadito la necessità di una immediata e consistente riduzione delle emissioni dei gas serra già in questo decennio e ha illustrato chiaramente, con una onesta esplicitazione delle incertezze, le opzioni più efficaci per centrare questi obiettivi, con riferimento ai settori dell’energia, dei trasporti, dell’edilizia, dell’industria e nella gestione delle foreste e dei suoli.

Siamo ancora in tempo per scegliere il nostro futuro climatico. Siamo ancora in tempo per scegliere un futuro sostenibile che metta al primo posto la sicurezza, la salute e il benessere delle persone, come previsto peraltro dai fondamentali obiettivi europei di riduzione delle emissioni del 55 per cento al 2030 e di neutralità climatica al 2050. Possiamo farlo grazie a una corretta comunicazione, alla buona fede, e alla cooperazione tra noi tutti.

Promotore: Climate Media Center Italia

(*) Firmatari: Davide Ascoli, università degli Studi di Torino; Roberto Buizza, Scuola superiore Sant’Anna di Pisa; Carlo Cacciamani, direttore ItaliaMeteo; Carlo Carraro, università Ca’ Foscari di Venezia; Stefano Caserini, Politecnico di Milano; Claudio Cassardo, università degli Studi di Torino; Annalisa Cherchi, Isac, Cnr, Bologna, autrice Ar6-Ipcc; Lorenzo Ciccarese, Ispra, National Focal Point Ipbes; Erika Coppola, International Centre for Theoretical Physics di Trieste, autrice Ar6-Icc; Susanna Corti, Isac, Cnr, Bologna, autrice Ar6-Ipcc; Maria Cristina Facchini, direttrice istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima (Isac), Cnr, Bologna; Sandro Fuzzi, Isac, Cnr, Bologna, autore Ar6-Ipcc; Serena Giacomin, presidente di Italian Climate Network; Filippo Giorgi, International Centre for Theoretical Physics di Trieste; Piero Lionello, università del Salento, Lecce, autore Ar6-Ipcc; Valter Maggi, università degli Studi di Milano Bicocca; Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana, International Weather Forum; Renzo Motta, presidente della Società italiana di selvicoltura ed ecologia forestale; Elisa Palazzi, università degli Studi di Torino; Claudia Tebaldi, Climate Central, autrice Ar6-Ipcc; Giorgio Vacchiano, università degli Studi di Milano; Riccardo Valentini, università della Tuscia e presidente della Società italiana per le scienze del clima; Elena Verdolini, docente di economia politica all’università degli Studi di Brescia, senior scientist al Rff-Cmcc European Institute on Economics and the Environment; Paolo Vineis, Imperial College di Londra.

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